LETTERA FRATERNA n. 54 - agosto 2013   

RAPPORTO TRA IL CRISTO DELLA FEDE E IL GESU’ STORICO (p.I)


  

INTRODUZIONE

Prima di prendere in esame il rapporto tra il Cristo della fede e il Gesù storico è opportuno fornire alcune indicazioni sulla testimonianza che di Gesù ci hanno lasciato i suoi discepoli e la primitiva comunità cristiana, con particolare riferimento alle notizie relative alla sua vicenda storica contenute nei Vangeli e negli Atti.
In secondo luogo, va tenuto presente che Gesù di Nazaret, crocefisso e risorto, é il luogo primario di rivelazione, poiché la sua realtà storica e concreta ha reso possibile in maniera unica ed irripetibile “l’incontro tra la Parola di Dio e l’esperienza dell’uomo”. Solo dopo questa necessaria premessa, infatti, si può comprendere pienamente come non sia possibile separare il Gesù della storia dal Cristo della fede, senza correre il rischio “di ridurre o falsificare il suo valore salvifico, poiché egli costituisce l’evento ultimo, in cui la vicenda umana viene assunta dall’eternità divina in modo da essere trasformata e rinnovata quale portatrice della salvezza definitiva per l’uomo” (R.Lavatori).

GESU’ DI NAZARET

Dall’incontro con i primi discepoli durante la sua vita terrena (Gv 1,35-51) e dall’episodio dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-25) successivo alla sua resurrezione, è possibile ricostruire il cammino compiuto dai seguaci di Gesù verso una conoscenza piena e profonda della vera identità del loro maestro, e, di conseguenza, verso una fede in Lui più matura e consapevole.
Dopo la testimonianza di Giovanni Battista, il quale annuncia “ecco l’agnello di Dio” (Gv 1,36), infatti, due dei suoi discepoli cominciano a seguire Gesù, evidentemente attratti da una persona che intuiscono essere speciale, tanto che uno dei due, Andrea, corre da suo fratello Simone annunciando "Abbiamo travato il Messia (che significa il Cristo) " (Gv 1,41).
Lo stesso Simone, condotto da Gesù, é conquistato dal suo comportamento, ma soprattutto dalle sue parole, attraverso le quali Egli rivela di essere un grande conoscitore dell’animo umano e vero profeta di Dio.
Un altro esempio del profondo carisma esercitato dalla persona di Gesù è rappresentato dalla chiamata di Filippo, il quale, di fronte al “Seguimi!” di una persona a lui completamente sconosciuta, non mostra alcun tentennamento nell’abbandonare tutto per seguirla.
Evidentemente egli era rimasto profondamente colpito dalla parola e dalla presenza di Gesù: ne é la prova il fatto che parlandone al suo amico Natanaele, Filippo afferma di aver trovato “colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret” (Gv 1,45).
Egli cita le Scritture per convalidare la sua affermazione e renderla più credibile all’amico, il quale doveva sicuramente far parte di quegli uomini che, profondi conoscitori della Scrittura, aspettavano la venuta del Messia. Natanaele, però, è diffidente e Filippo decide di condurlo da Gesù, nella certezza che solo il contatto diretto con la sua persona potrà convincerlo.
Il modo in cui Gesù lo apostrofa, rivelando una conoscenza profonda del suo animo (Gv 1,47), infatti, colpisce Natanaele, sia perché quest’ultimo non se l’aspettava, sia perché Egli aveva colto nel segno preciso del suo cuore.
Più avanti nel dialogo, Natanaele, definitivamente “conquistato dalla scienza e dall’introspezione di Gesù, confessa spontaneamente la sua fede nella messianicità di quell’uomo (Gv 1,49)” (R.Lavatori), che egli chiama maestro e riconosce come Figlio di Dio e re di Israele. Questi due titoli sottolineano la continuità con le Scritture e, allo stesso tempo, mostrano l’originalità della realtà messianica di Gesù, che, però, sarà pienamente compresa solo dopo il compimento della sua missione.
Esemplificativo a questo proposito é l’episodio di Emmaus (Lc 24,13-35), inserito da Luca all’interno di una raccolta di testimonianze sulle apparizioni del Risorto.
L’autore specifica subito il tempo e il luogo (si tratta dello stesso giorno di Pasqua e della strada che da Gerusalemme va verso Emmaus), a dimostrazione del fatto che egli sta narrando un avvenimento storico, realmente accaduto.
Viene detto, dunque, che i due discepoli che si trovavano in cammino non riconoscono Gesù, poiché “i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo” (Lc 24,16).
Nelle apparizioni narrate dagli evangelisti, infatti, è comune il fatto che Egli in un primo momento non è riconosciuto (Lc 24,37; Mc 16,12-13; Gv 20,14), “perché il suo modo di essere nella gloria della resurrezione, é diverso dal modo terreno, pur essendo lo stesso Gesù”.
Essi, dunque, continua Luca, raccontano allo sconosciuto incontrato per via che avevano creduto in Gesù di Nazaret, avevano sperato nel suo annuncio messianico, ma erano rimasti delusi: Gesù era morto e con Lui era morta la speranza. Le testimonianze di alcune donne e di alcuni discepoli (Lc 24,22.24), i quali avevano visto la tomba vuota e gli angeli, non bastavano a far loro credere nella sua resurrezione, anzi essi erano ancora più disorientati e abbattuti.
Il loro nuovo compagno di viaggio, allora, interviene nei loro discorsi innanzitutto per rimproverare la loro durezza e chiusura di cuore e, poi, per richiamarli alla prospettiva del piano divino, secondo cui era necessario che il Messia passasse attraverso la sofferenza e l’umiliazione della morte per ottenere la glorificazione, come lo stesso Gesù in vita aveva più volte ricordato.
Egli, quindi, “comincia a spiegare le Scritture, che confermavano la concezione di una morte redentrice stabilita da Dio per gli uomini”, e la mente dei discepoli comincia ad aprirsi alla verità.
Soltanto nell’atto dello spezzare il pane compiuto da Gesù, rimasto a cena con loro una volta giunti a destinazione, però, riconoscono in Lui il Signore (Lc 24,31). Grazie a questo gesto la loro fede matura, ma “in quel preciso istante Gesù scompare dalla loro vista. La sua presenza ora non é più quella fisica del Gesù di Nazaret, ma continua su un piano diverso, nella dimensione dello Spirito, che lo ha resuscitato dai morti. Essa può essere colta solo dalla fede”(R.Lavatori).

L. Capitummino